venerdì 3 agosto 2012

L'incanto dell'Orfeo-Immagini di una lontananza

Uno strumento musicale diviene un uomo, ed un uomo è musica pura.

Orfeo ed Euridice
Un matto! L'amore sviscerale di Aristeo, sicuramente più brillante di Orfeo in questa opera, diviene un catenaccio che lo trascina verso l'abisso della disperazione, del fallimento. La mattanza sopraggiunge a riscattarlo, e ne fa emergere l'intelletto e la sapienza, che vengono riconosciuti dalle due divinità, Venere e Satiro, come pericolosi.







L'ultima opera del Festival Della Valle D'Itria è stata l'emblema di un addio doloroso, un congedo che soddisfa ma allo stesso tempo abbandona alla malinconia.
Il Festival infatti, per chi lo vive, è come il giorno dell'anno più bello con la differenza che che dura settimane, si attende con ansia, viene con la prima brezza d'estate e riparte quando si inizia ad avvertire nell'aria la stanchezza di una gioia stagionale tanto prorompente. Dei celebri versi di William Shakespeare recitano.. "Gioie violente hanno violenta fine e muoiono nel loro trionfo.." ! Che trionfo questa edizione del Festival! Una gioia impetuosa alla quale nessuno è stato in grado di sottrarsi, una fine emotivamente violenta perchè carica di sentimenti e poesia, dritta al cuore, in un teatro buio, scene da sogno, un mondo diverso a pochi metri dal mio viso.






Sono certa che vi fosse un incantesimo a regnare su di noi, la sera del 30 Luglio, giacchè nulla sembrava appartenere al mondo mortale, dall'istante in cui si sono spente le luci e la musica ha incominciato a sussurrare, piano..fino a destarsi maestosa, minacciosa, ha tirato fuori Aristeo, il protagonista insieme ad Euridice, Orfeo, Venere e Satiro di un mito dalle movenze sensuali, comiche e disperatamente tragiche, fuori dalle quinte, con quelle sue lunghe dita fatte di tensioni e risoluzioni, lo ha spinto sulla scena, e il resto è scomparso, inghiottito da un buco nero, cancello di un'altra epoca, di un mondo antico che ci portiamo nel sangue.


La terribile Venere appare come una divinità poco interessata alla sorte dei mortali con i quali si diverte a giocare : un aspetto comune nella concezione tragica delle divinità. E di comico ha una straordinaria abilità a saltare sui tavoli e un trucco appariscente. Interpretata dal baritono Giampiero Cicino, rispecchia il lato più vanitoso e presuntuoso dell'animo umano.




Euridice rappresenta l'uomo osteggiato da se stesso, e quindi dalla divinità. Venere la persuade affinchè possa cambiare il destino infausto che l'attende, cambiando marito. Ma di una questione tanto frivola come la scelta di Aristeo al posto di Orfeo, la giovane non vuol sentirne : morirà vittima della sua stessa fedeltà e, probabilmente, dell'incompetente amore di Orfeo. Euridice è interpretata dal soprano Kristel Pärtna



Venere e Satiro, si beffano delle pene d'amore di Aristeo e lo rendono ridicolo, facendolo conciare in modo sciocco, affinché riesca nella conquista di Euridice. Con la loro superficialità, di cui riconosce d'esser caratterizzato lo stesso Satiro, mandano in rovina tre esseri umani, colpevoli solo d'amare. Satiro è interpretato dal baritono Valeri Turmanov

Le Grazie , Le Ninfe e Le Parche sono interpretate dal soprano Graziana Palazzo, dal soprano Pia Raffaele e dal soprano Michela Antenucci




Aristeo è l'emblema del capovolgimento dei valori che caratterizza questa tragicommedia. La riscrittura di un mito radicato nel tempo prevede che si plasmino personaggi nuovi dalle spoglie di quelli già esistenti, che epoca dopo epoca non rispecchiano più l'uomo. Il pastore rozzo e scostante, opposto di Orfeo, ne diviene l'ancor più nobile simile, strappandogli quella fierezza intellettuale, quei modi cortesi, quella profondità d'animo e quella sensibilità elettrizzante e gettandolo nell'abisso della inconsistenza e dell'ignavia. Aristeo è interpretato dal contralto Candida Guida










Per rendere il più possibile l'idea, mi son sentita come una fanciulla tentata dalla curiosità o afflitta dalle pene d'amore,smarrita nelle foreste dell' Ellade che per caso, in cerca di more fra i cespugli, scopre dinanzi a se un portico maestoso, un matrimonio pronto a compiersi, scene di vita divina. I sedili del teatro erano sassi e cespugli ove nascondermi per non suscitare l'indignazione divina, i palchi erano alti cipressi e salici indiscreti, querce secolari, meli stanchi e carichi di pomi di oro. Persino le luminose insegne delle uscite d'emergenza erano state trasfigurate da questa mia mente in lanterne tessute con foglie di alloro e zenzero dalle ninfe, prigioni deliziose di lucciole vanitose.




Una falsa  ὕβρις, la terribile tracotanza, echeggia nella foresta. La giovane e bella Euridice è punita da Venere perchè "è così bella e decide di sposarsi, privando gli altri di tale dono". Una sfida lanciata dalla fedeltà e dall'amore, valori incarnati dalla ninfa che si oppone alle lusinghe della dea e rifiuta di tradire suo marito con Aristeo, alla passione più sfrontata, genetica essenza della dea Venere e del Satiro. L'esito, come par ovvio, non può che essere tessuto dalle dita sapienti e terribili delle Parche. Infatti la vicenda tutta danza tra musiche mortali e infernali, le Ninfe e le Parche si voltano e si scoprono essere Parche, il gaio Satiro, Giano bifronte, si rivela il mortifero Plutone. Sentori dell'oltretomba sfiorano la mente, brividi salgono lungo la schiena e come fantasmi esplodono dall'incontro di luce e musica. 













































L'opera è per natura una tragicommedia, e non è possibile sottrarsi all'alternarsi impetuoso dei sentimenti e degli stati d'animo. Così come la musica rotola continuamente innalzandosi fino all'Olimpo e precipitando giù nell'Ade, esausta ed entusiasta tra tensioni e risoluzioni frenetiche, allo stesso modo l'inganno che Venere e Satiro ordiscono ai danni di Orfeo, aiutando ma beffando ancor di più Aristeo si risolve nella triste morte di Euridice e gli stessi visi ebbri di gioia e vinti dalla beffa, divengono nel giro di un movimento musicale  cupi e macchiati di morte dal lutto.







Il cuore recepisce la precarietà di quei sentimenti mortali e divini, e il cervello elabora questo sentore confermandone l'esattezza : ogni attimo della nostra vita umana è una prova di equilibrio tra il cielo e l'inferno, tra la gioia ed il dolore.
Se fino a questo momento ho lodato la comunicabilità della musica e delle interpretazioni, è giunto il momento di esaltare la grandezza della rappresentazione tutta : un vero esempio di nobile arte teatrale, di genialità e fantasia genuine.
La scenografia si componeva di semplici oggetti quali due tavoli, alcune sedie, dei teli bianchi. Com'è possibile che questi oggetti siano serviti a traghettare lo spettatore in regni che non gli appartengono? Il mio cuore è stato personalmente inibito dalla scena in cui le anime dell'aldilà hanno invaso la scena : un delirio di mani , visi, baci, carezze avvolte dal manto dell'eternità, un telo candido che emerge dal buio, dalla bocca dell'inferno.
Un'immagine impressa nella mente, che lo sarà anche nella memoria.











Quando l'epilogo si affaccia sulla scena, un Orfeo disperato, un'amore spezzato concilia gli ultimi attimi di sogno.
Mi sono ritrovata, accompagnata da una musica dolce, in un teatro infiammato dagli applausi, e poi un giovane regista e librettista, una compositrice fuori dal comune, cantanti straordinari, assistenti incomparabili, un direttore d'orchestra inconfondibile.
L'emozione spessa dei presenti.
Avevo sul viso gocce di adrenalina come rugiada fresca colata da un sogno di mezza estate, gli occhi sgombri dal sonno e la mente, lucida, che ancora ricercava a tentoni i cancelli dell' incantesimo.
Questo può l'arte, questa la vittoria del Festival Della Valle D'Itria, questo L'Orfeo,Immagini di una lontananza.




Presenze che si estroflettono dalla tenebra, come in una enorme stanza nera senza luce, in cui regna l'ombra, per l'eternità. Ecco l'oltretomba. Proserpina e Plutone sono interpretati dal soprano Laura Maddaluno  e Valeri Turmanov




Articolo a cura di Ludovica Germinario
Fotografie a cura di Lorenzo Vinci, Ludovica Germinario e Roberta Ceppaglia



Responsabile Blog Ludovica Germinario

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