lunedì 6 agosto 2012

Concerto Sinfonico- Pärt, Saariaho, Ramiskij-Korsakov


Il giovane Direttore Daniel Cohen, il violino Francesco D'Orazio e la straordinaria Orchestra Internazionale D'Italia. Grazie per le emozioni regalate.



"Ante mare et terras et, quod tegit omnia, caelum unis erat toto naturae vultus in orbe, quem dixere Chaos; (...) Hanc dues et melior litem natura diremit; nam caelo terras et terris abscidit undas et liquidum spisso secrevit ab aere caelum; quae postquam evolvit caecoque exemit acervo, dissociata locis concordi pace ligavit. " (Ovidio, Metamorfosi, Libro Primo, vv 5-7 e vv 21-25).

.....
"Prima che esistessero il mare, la terra e il cielo che tutto ricopre, l'universo aveva un unico, indistinto aspetto che fu chiamato Caos; (...) Grazie a un intervento divino e al miglioramento della natura, si risolse questo contrasto: la terra fu separata dall'aria e dalla terra il mare; il cielo puro fu distinto dall'aria più pesante. Ogni cosa estratta e liberata dall'ammasso disordinato, ebbe un suo posto preciso per poter convivere in pace con le altre."


Ecco che dal Chaos indistinto di suoni e strumenti, ne emerge uno solo. Un violino, che come un bimbo emette il suo primo vagito nel mondo attraverso la sua serie di note.
Ha inizio la metamorfosi.
Il vuoto la precede. Che non è il nulla, il silenzio, ma è un'implosione, lenta ma piena di note. Al di fuori sembra il vuoto, ma all'interno sorgono note su note. Arvo Pärt è così. Si cela a tutti, porta i suoi strumenti ad arrivare ad un punto quasi di rottura, dove sembra che l'orchestra stia per esplodere e far sentire il suo suono, al completo nel suo splendore. Invece le note implodono in loro stesse, celandosi a me, pronta ad ascoltarle, a farle mie e a non restituirle più. No. Loro si chiudono in se stesse, arrivano sul filo del rasoio e tornano ad essere silenziose, implose nella loro bellezza. Lasciando me, con le orecchie tese, aspettando la metamorfosi.

Il vagito del primo violino strappa la tela come il taglierino di Fontana. Inizia un dialogo che stupisce chi assorto ascolta. Il loro linguaggio è riportato nero su bianco con simboli musicali. Minime, crome, bemolle e diesis sono sul foglio. Armonia, contrasti, felicità e appagamento sono sulla mia anima. Simboli che si tramutano in emozioni in continua trasformazione, senza respiro. Come le metamorfosi di Ovidio. Chaos genera e conduce il gioco con un'incessante cambio e scambio di identità, di forma. Violino e orchestra dialogano in questo modo nel "Graal Théatre" di Kaija Saariaho; in un continuo cambiare senza respiro, lasciando spazio all'immaginazione di chi quelle note le fa sue, le imprime nell'anima dandovi un colore. Un colore per ogni nota e si costruisce un quadro di emozioni. Note che sgorgano da un violino e che finiscono in un'orchestra, si mischiano ad essa, senza più sapere dove inizia l'uno e dove finisce l'altra. 

Ma la metamorfosi non cessa e continua il suo corso fino all'ultimi versi.
Un harem orientale compare. Shéhérazade di Nikolj Ramiskij-Korsakov è la protagonista. Quattro movimenti per ammaliare. Quattro movimenti per innamorare. Un profumo inesistente arriva alle narici di ognuno, porta nuovi sapori e odori. Per alcuni di un mondo lontano, per altri sconosciuto e nuovo, per altri un ritorno familiare. Incanta, stupisce e si trasforma ancora. Voluttuoso e seducente, porta con se ogni emozione e sensazione, tutte quelle che sono possibili provare in una sola sera. In una sola metamorfosi. Senza una fine certa, perchè incerte sono le metamorfosi che si compiono. Ma non le note. Che sono arrivate dritte all'anima, incise senza una bandiera, senza un colore. Incise perchè emozionanti. Incise perchè belle. Incise perchè musica che nutre l'anima.(FEDERICA DI BARI)









Con   Orient & Occident  ha inizio l’ultimo evento del Festival Della Valle D’Itria, il Concerto Sinfonico del 2 Agosto 2012

Il brano sembra imporsi da subito come il centro di un mondo a parte da quello umano, il mondo di Arvo Pärt, dei sensibili.
È difatti il perno attorno cui ruota l’omonima raccolta del compositore, da sempre caratterizzato da un forte spirito di simmetria.
La presenza di un organico diverso, cioè di un’unica orchestra di archi, accentua il carattere di questa composizione : una tensione inesauribile, un tormento che parte dall’esterno per divenire totalmente interiore.
Il potere di una musica tanto impregnata di emozioni, capace di inebriare la più ostinata razionalità facendo scomparire, come fa un pennello bagnato nell’acqua quando danza sull’acquerello di una notte limpida , la realtà circostante si rivela movimento dopo movimento.
L’esecuzione si snodava frastagliata ed io la seguivo, con gli occhi chiusi, nella mia mente: una corsa affannosa per le vie di un labirinto, la neve fredda, luci fioche, una continua incognita da incassare svoltando l’angolo. La certezza che frana, sulla quale il Panico non esista ad erigere la sua fortezza.
Momenti di tensione, melodie che paiono morire violentemente e risorgono sussurrando inaspettatamente, urla dall’alto di un bastione sprofondato nell’abisso di foreste vergini, la dissonanza di note distorte, il lamento ed il gemito di un violino che si uniscono, sono assordanti, mi scuotono.
L’inquietudine che esplode dal brano è la trasposizione distorta della vera anima della composizione : l’implosione. Difatti i movimenti orchestrali sono tormentati, dilaniati da un contorcimento attorno alla meta, lontana, della soddisfazione, dell’esaurirsi reciproco di correnti vitali, emozionali quali la serenità ed il tormento, la vittoria ed il fallimento, la luce e l’ombra..e culturali, come appare finalmente chiaro, Oriente ed Occidente.
Arvo Pärt mi ha indotto a dipingere senza servirmi del mio corpo, ma nutrendo la mente ed il cuore. Di note.(LUDOVICA GERMINARIO)




















Articolo a cura di Federica Di Bari e Ludovica Germinario
Fotografie a cura di Ludovica Germinario



Responsabile Blog Ludovica Germinario

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